In alcuni casi specifici il compagno o la compagna può decidere di mandare via di casa il figlio del partner, la legge parla chiaro.
Di storie così se ne sentono a centinaia al giorno d’oggi. Tipico esempio è una famiglia composta da una donna o un uomo già genitori, con un figlio (o più) nato da una relazione precedente. Quest’ultimo è maggiorenne e sta diventando sempre più un peso per la madre o per il padre ma anche per il loro partner. Non tutti sanno che all’interno di uno scenario del genere c’è ampio spazio di manovra e il ragazzo (o la ragazza) può essere cacciato via di casa legalmente.
Ovviamente la situazione deve presentare delle caratteristiche ben precise. Il/la giovane in questione non ha un lavoro e non segue alcun percorso di studi, creando diversi problemi che a lungo andare danneggeranno il nucleo familiare. Insomma, non tutti i figli potranno essere mandati via di casa, questo è abbastanza chiaro. A fornire i principi guida è, come al solito, la Corte di Cassazione, indicando in quali casi si potrà agire, sempre rimanendo nell’ambito della legalità.
Cacciare di casa il figlio del partner? La legge lo permette
Ebbene sì, il figlio del partner può essere allontanato da casa nel caso in cui non voglia continuare a studiare e non voglia intraprendere un percorso lavorativo. Di contesti familiari così ne esistono a bizzeffe, eppure non tutti sanno che il compagno (o la compagna) ha in mano diverse possibilità, soprattutto se la proprietà esclusiva e integrale dell’appartamento dove vivono è sua. Non avendo alcun rapporto di ‘sangue’ con il/la ragazzo/a non dovrà rispettare alcun obbligo legale sul suo mantenimento.
Il partner, infatti, non deve per forza fornire un tetto al giovane, perché di questo se ne occupa in primis il genitore. Spetterà a quest’ultimo la decisione finale se l’appartamento è in affitto oppure risulta di proprietà condivisa. Ricordiamo che in ogni caso ha l’obbligo di mantenerlo fino al raggiungimento dell’autosufficienza – che sia minorenne o maggiorenne – e non oltre la soglia limite dei trent’anni. L’obbligo decade nel momento in cui il figlio non abbia voglia di ‘collaborare’, intraprendendo una vita autonoma per mezzo degli studi o del lavoro.