Se sei titolare di una pensione di reversibilità, forse dovrai dividere l’importo con qualcun altro. Parla la Cassazione
La pensione di reversibilità è una forma di sostegno pensionistico rivolta ai superstiti di un pensionato o di un lavoratore deceduto. Nel primo caso si parla proprio di reversibilità; nel secondo, invece, si parla di pensione indiretta. La prima spetta al coniuge unito civilmente al pensionato deceduto e ai figli minorenni se inabili al lavoro o a carico del pensionato deceduto o se studenti con meno di 26 anni che non producono reddito. Ci sono però delle novità, che potrebbero non piacere a tutti: la nuova sentenza parla chiaro.
Quando decede un pensionato o una pensionata, l’importo della sua pensione si converte in reversibilità e di questa ne hanno diritto la moglie e i figli, purché rispettino determinati requisiti. Nel caso in cui, però, il pensionato deceduto abbia un’ex moglie e una nuova coniuge, la legge parla chiaro: la reversibilità si deve spartire.
Ipotizziamo un lavoratore che, dopo un primo matrimonio ormai concluso, ne contrae un altro con un’altra persona e poi va in pensione. Al suo decesso, la reversibilità va ripartita secondo quanto determinato nell’articolo 9, comma 3, legge 898/1970, che si basa sul criterio legale della durata dei matrimoni. La legge si basa su un caso reale nel quale il Tribunale di Ravenna ha attribuito la reversibilità di un pensionato per metà all’ex coniuge e per l’altra metà alla seconda moglie.
Per questa prima decisione il Tribunale ha considerato la durata dei due matrimoni, praticamente identica. La Corte d’Appello, però, ha riformato la decisione ed ha deciso che, a causa delle diverse condizioni economiche delle due parti, alla seconda moglie sarebbe dovuto andare solo il 5% della reversibilità. La donna, quindi, ha impugnato la sentenza in Cassazione e l’ha rinviata in Appello.
Qui, in sede di rinvio, si è deciso che a determinare la ripartizione della reversibilità concorrono più fattori tra cui le condizioni economiche delle due donne, le loro età e le durate dei due matrimoni. Sulla base di questi fattori, alla seconda moglie è andato il 25% della reversibilità: nonostante un nuovo ricorso della donna, la Corte ha determinato che questa decisione è coerente poiché ha tenuto in considerazione più fattori e, quindi, ha applicato correttamente la legge.