Le zucche di Halloween e i rischi che ci sono per la sicurezza alimentare: che cosa ha spiegato la Coldiretti del Piemonte.
Ottobre appena concluso è stato un mese ricco di tradizioni e sapori autunnali, e una delle protagoniste indiscusse di questo periodo è senza dubbio la zucca. Simbolo autunnale per eccellenza, la zucca si presta a molteplici usi, sia in cucina sia come elemento decorativo. Quando poi sta per arrivare Halloween, il consumo di questi prodotti aumenta in maniera considerevole, per via di questa tradizione pagana e di importazione.
Ora Halloween è passato, lasciandosi dietro i soliti strascichi di consumismo a prezzo speciale, ma soprattutto una serie di questioni che sono evidentemente di difficile risoluzione. La festa, pur avendo origini anglosassoni, ha ormai preso piede anche in Italia e l’approvvigionamento di zucche in vista del 31 ottobre ha conosciuto quest’anno un boom anche bel oltre le previsioni della vigilia.
Le zucche, con i loro colori vivaci che spaziano dal classico arancione fino a varie sfumature di verde e giallo, invadono mercati, orti e tavole italiane, trasformandosi in piatti ricchi e nutrienti, ma sono anche elemento decorativo per la tanto discussa festa di Halloween. Stando a quello che denuncia la Coldiretti del Piemonte, questo appare come un problema assolutamente da risolvere.
Che cosa intende dire l’organizzazione? In Piemonte, in particolare, la produzione di zucca è un’attività diffusa, con oltre 1000 aziende agricole impegnate in questa coltivazione che raggiunge i 20 mila quintali annui. Un settore florido, ma che ha avuto a che fare contestualmente con un calo della produzione e dunque questo ha di fatto aumentato l’importazione di questo frutto.
Ma la crescente richiesta di zucche, alimentata anche dalla moda sempre più popolare del “pumpkin patch”, ha un evidente falla nella gestione, come denuncia la Coldiretti: questi frutti vengono importati in particolare da Paesi africani, dove le normative sui fitofarmaci e sugli standard di coltivazione sono diverse da quelle europee: minore tracciabilità significa maggiori rischi per la salute.
Entrando nello specifico, la normativa europea prevede l’obbligo di indicare l’origine solo sulle zucche fresche intere, mentre quelle tagliate o trasformate, come quelle usate per le zuppe pronte, possono arrivare al consumatore senza alcuna indicazione sulla loro provenienza. Inoltre, la coltivazione locale rispetta norme rigorose che garantiscono l’assenza di pesticidi vietati in Europa.
C’è poi un’altra questione fondamentale, che resta aperta e di non facile soluzione: i produttori locali sono in grado di garantire ai consumatori un prodotto con proprietà organolettiche elevate. Le zucche piemontesi, coltivate in un clima con forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, sviluppano ad esempio una polpa ricca di antiossidanti e vitamine, rendendole non solo saporite, ma anche benefiche per la salute.
Una zucca di importazione, verosimilmente, non può garantire le stesse caratteristiche di un prodotto locale e infine, ma non per ordine di importanza, il consumo di prodotti locali riduce l’impatto ambientale legato al trasporto delle merci e promuove un’agricoltura rispettosa dell’ambiente. Va da sé che “sprecare” zucche per scopi decorativi ad Halloween è l’ennesima mazzata per la nostra economia.